sabato 21 marzo 2020


CONTRO LO SPECISMO, OLTRE LA METAFISICA OCCIDENTALE 


Mauro Pasquinelli


«Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».
San Francesco, Cantico delle creature


A proposito di metafisica e nichilismo

    Un interrogativo metafisico si agita nella mia mente: per quale motivo l’homo sapiens non si è fatto “corrompere” dall’idea comunista, che è una traduzione secolare del millenario escatologismo cristiano-ereticale, mentre quella capitalista e suprematista ha avuto e continua ad avere facile presa su di lui nel corso dei secoli?


    Mi sovviene una risposta altrettanto metafisica: perché è stato più facile fare dell’uomo un sub animale che un soggetto libero! Una materia prima piuttosto che un ente proiettato alla realizzazione del bene comune! Ma la risposta è insoddisfacente perché non scava in profondità nel significato di essere umano e di umanismo!

     Il primo interrogativo rimanda quindi ad un altro che ha attraversato la storia del pensiero occidentale: cosa si intende per natura umana e per essenza umana? La scienza ci può fornire una risposta sull’essenza dell’uomo? Io credo di no perché la scienza è logica e fenomenologica ma non assiologica. Essa non si interroga sui concetti di bene, di giustizia, di libertà, sul fine delle azioni umane, ma solo sulla costituzione fisica e biologica dell’uomo che non ci descrive però la sua apertura al possibile, la sua capacità di dare forma all’esistente.

Scrive Heidegger “la pietra è senza mondo, l’animale è povero di mondo, l’uomo è formatore di mondo”.

    Quindi bisogna ricorrere alla filosofia che è interrogazione sul senso dell’essere e va al di là dei limiti fenomenologici della scienza e dello scientismo, pilastri costitutivi del post-moderno. Oggi in piena era scientista-nichilista non ci si interroga più sul perché e sul senso dell’essere al mondo ma al massimo su come siamo costituiti e su come bisogna essere per conformarsi al pensiero e agli stili di vita dominanti. La filosofia è morta viva la filosofia!

Pensiero filosofico e natura umana

     Per chiarire il modo in cui la filosofia ha approcciato al concetto di natura umana facciamo un breve excursus.

     Aristotele ci da una prima risposta: l’uomo è un politikon zoon, un animale politico razionale. Sottolineo animale perché dopo Aristotele si è fatto di tutto per dissimulare la natura animale dell’uomo.

     Per la religione giudaico cristiana, che ha dato forma e sostanza alla cultura occidentale, l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio per esercitare il suo dominio incontrastato su tutte le cose e gli animali. Solo l’uomo ha una anima, solo lui beneficia della resurrezione e della vita eterna mentre tutti gli animali sono condannati alla decomposizione.

    Per Cartesio, il capostipite del pensiero moderno, solo l’uomo ha la prerogativa della res cogitans ed è in virtu di essa che può esercitare una sovranità illimitata sulla res extensa (animali e natura). L’animale per Cartesio è assimilabile ad un oggetto meccanico senza coscienza e senza sensibilità. Di lui l’uomo può fare ciò che vuole. L’uomo si farà padrone della natura attraverso la scienza.

    Per Hobbes l’uomo è lupo dell’altro uomo, homo homini lupus, figuriamoci se non lo sia per gli animali e la natura.

    Marx a sua volta, ripercorrendo le orme di Hegel, non riesce a smarcarsi dalle illusioni dell’umano-centrismo. E’ vero, egli ci dice che l’uomo è un animale che fabbrica strumenti, ma la sua essenza va ricercata nella sua capacità di trasformare la natura, che dipende a sua volta dai mutevoli rapporti sociali, espressione di un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive. L’uomo incarna una differenza ontologica con l’animale ma la sua essenza non è mai stabilmente determinata e va colta nel suo divenire. L’essenza dell’uomo si concilierà con la sua esistenza solo nel comunismo.

     Per Nietzsche, plagiatore di Schopenauer, l’essenza dell’uomo è vita intesa come volontà, che mira ad accrescere la propria potenza, che a sua volta si traduce in volontà di dominio e di calcolo. Nietzsche è la massima espressione della metafisica occidentale come dominio dell’ente uomo sull’ente natura.

    Heidegger invece ha lanciato i suoi strali contro tutto il pensiero occidentale, apostrofandolo come metafisico in quanto ha obliato l’essere confondendolo con l’ente (uomo e natura). Riposizionando l’essere al centro, senza mai definirlo compiutamente, ha tuttavia relegato l’ente uomo-natura in posizione subordinata. Alla fine anche Heidegger come Nietzsche non è fuoriuscito dal recinto del paradigma dominante.


Un primo bilancio

    Quindi un primo bilancio analitico possiamo tirarlo: la teologia, come pure la filosofia occidentale, è sorretta da un assioma: l’antropocentrismo, che è l’atmosfera cognitiva, il campo visivo di tutto il pensiero occidentale di cui esso non è stato capace di scoprire il limite. La metafisica occidentale è immersa nel campo visivo dell’antropocentrismo e non riesce a guardare se stessa e oltre se stessa. Ma la metafisica è servita a fondare una etica, l’etica superomista occidentale. Che a sua volta ha giustificato l’abuso dell’uomo contro la natura e gli animali presentandolo come uso, come diritto, conferitogli da un volontà divina o dalla ragione! Quando invece è solo un privilegio immorale!!!

     La scienza di Galileo, l’evoluzionismo di Darwin e la psicoanalisi di Freud hanno inflitto un duro colpo alla metafisica umanista. Il primo ha destituito la terra dal centro dell’universo, infrangendo il geocentrismo si cui poggiava l’antropocentrismo. Il secondo ha sottratto l’uomo dalla creazione della mano divina, il terzo infine ha dimostrato che nessuno è padrone a casa del proprio io la cui condotta è pilotata più dall’inconscio che dalla ragione. Si tratta ora di dargli il colpo finale demolendo lo specismo che è l’ultima bandiera dell’antropocentrismo e della metafisica!!

Nel pianeta terra per usare le parole di Edgar Morin:

     «Le interazioni fra i vegetali, gli animali, il clima, la geografia, la geologia creano un’organizzazione spontanea autoregolata. L’insieme degli ecosistemi sul nostro pianeta costituisce ciò che chiamiamo biosfera. Biosfera che ci avvolge e che noi abbiamo creduto di poter dominare e manipolare. Ma più la dominiamo più la degradiamo e più degradiamo le nostre condizioni di vita. In questa relazione, più crediamo di possedere la natura, più siamo posseduti da una forza che ci conduce al punto estremo: l’autodistruzione». Edgar Morin, Sette lezioni sul pensiero globale. Pag 9. Cortina editore

    A questa logica autodistruttiva incoraggiata dalla metafisica non è sfuggito né il sistema capitalista né quello del socialismo reale. I due sistemi, entrambi guidati dal mito progressista ed industrialista e da una idea unidirezionale della storia, hanno simboleggiato due facce della stessa medaglia crescitista, due varianti della realizzazione dell’utopia tecno-scientista, a spese dell’uomo e della natura.


Nichilismo comunismo e nuova speciazione


    Dopo questo pellegrinaggio filosofico tento una risposta all’interrogativo di partenza. L’antropocentrismo come compiuto umanismo, non poteva preludere al comunismo che per sua essenza è superamento del rapporto di predazione, è realizzazione del bene sociale nella casa comune di madre terra.

    Il comunismo, professando l’uguaglianza tra gli uomini, doveva purificarsi da ogni specismo ed antropocentrismo ed accogliere finalmente l’idea che il pianeta terra è un unico immenso essere vivente dove noi non siamo i sovrani dispotici ma degli abitatori in condominio paritario con tutte le altre forme di vita. Gaia è un organismo vivente di cui noi non possiamo continuarci a pensare come cervello che divora i propri organi ma come cellule che sopravvivono se il tutto si mantiene in salute ed armonia. L’uomo non sarà mai libero finché tiene in schiavitù la natura e gli animali.

    L’antropocentrismo poteva concludere la sua traiettoria evolutiva solo nel capitalismo e questo a sua volta nel nichilismo che ne rappresenta l’epifania terminale. Nichilismo, scriveva Nietzsche, è assenza di un perché e di uno scopo dell’esserci. Un sistema che ha messo il denaro al posto di comando, detronizzando Dio, chiede all’uomo solo di eseguire con efficienza le proprie mansioni senza interrogarsi sulla responsabilità sociale, sul perché e sullo scopo di quello che fa. Agli operai che fabbricano bombe, ai piloti che guidano i cacciabombardieri o ai macellai che massacrano animali in serie, come ai capò di Auschwitz, non si chiede di essere responsabili dell’effetto finale del loro lavoro ma di essere solo efficienti. La tecnica non ha scopi, chiede solo la perfetta esecuzione dei compiti nel minor tempo possibile. E chi lavora è giudicato solo se valorizza il capitale non se quello che produce è nocivo o dannoso per la società, come invece richiesto dall’etica aristotelica del bene comune o dalla morale cristiana dell’intenzione o dalla teleologia umana comunista.

    La grande epoca della metafisica che io faccio coincidere con la storia dell’antropocentrismo non poteva che concludersi con l’esaltazione nichilistica e superominica della volontà di potenza dell’umanoide il quale, deponendo tutti i valori e assegnando a quello dell’efficentismo tecnologico il trono supremo, giunge alla fine ad identificarsi con la brutalità nuda e cruda del calcolo economico, che fa dell’homo sapiens un demens, un oltre-uomo abbrutito ed involuto ad un livello sub animale. Oramai la realtà sta superando la fantasia distopica di Orwell e Huxley: la suprema razionalità calcolistica e gli istinti più bestiali di predazione si vanno fondendo insieme in un cyborg umanoide, metà umano e metà protesi artificiale, che non avrà più bisogno di ideali perché le armi della tecnica, unite forse al contentino di un reddito della gleba, basteranno a sedurlo, a persuaderlo, e infine a dissuaderlo, senza bisogno del manganello e dell’olio di ricino. L’oltre-uomo cyborg è lo spettro che si aggira nel paesaggio meccanico-macchinico dell’ultimo Homo sapiens, costitutivamente incapace di

emancipazione e di autodeterminazione.

    L’homo sapiens è giunto al termine della sua parabola involutiva. La natura sta suonando la campana a morto per lui e il suo sistema di rapina e di predazione. Essi si estingueranno insieme perché sia l’homo sapiens, sia il capitalismo, non potranno adattarsi ad un nuovo scenario catastrofico di sovraffollamento e di scarsità di risorse, con relativa desertificazione, siccità apocalittica e migrazioni bibliche. Sarà la sesta estinzione di massa come preannunciato da molti antropologi. Fin qui niente di male perché si estinguono decine e decine di specie animali e vegetali ogni giorno e forse quella dell’homo sapiens-demens è la più meritevole di attuarsi.

    Abbiamo un filo di speranza prima della catastrofe, spes contra spem: che le menti migliori dell’homo sapiens diano corso a un nuovo inizio, ad una nuova speciazione post-umana nelle nicchie lasciate vuote dalla distruzione. Sarà suo compito salvare il pianeta ed instaurare un nuovo rapporto con la natura basato sul superamento dello specismo, sulla fratellanza tra tutti gli organismi viventi (dall’uomo alla pietra), su una alimentazione vegetale e non specista, su una nuova etica eco-sostenibile della produzione e del consumo, sull’abbandono del mito crescitista dell’abbondanza nel paese della cuccagna, per una vita frugale. Per il bien vivir.

Trevi 27 ottobre 2017

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