lunedì 13 aprile 2020


CLIMA: CATASTROFE INELUTTABILE 
in risposta a Leonardo Mazzei 

di Mauro Pasquinelli


[ 29 aprile 2019 ]
 

Prima di iniziare vorrei inviare un caldo ringraziamento all’amico Maurizio Fratta che mi ha accompagnato in questo studio con preziosi suggerimenti. Invito altresì il lettore a non perdere la lettura delle note dove ho trasferito lunghe citazioni che avrebbero appesantito il testo.

Scriveva Marx nell’incipit alla critica del programma di Gotha:

«Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza. La natura è la fonte dei valori d’uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva!) altrettanto quanto il lavoro, che, a sua volta, è soltanto la manifestazione di una forza naturale, la forza lavoro umana». [1]

e nella sua opus magna fu categorico:


«Il capitale nel suo sviluppo mina le due sorgenti principali della ricchezza: la natura e l’uomo». [2]

Voce del verbo minare, dal grande dizionario Utet: “costituire un elemento che determina il venir meno, la decadenza, la disgregazione di una determinata condizione”.


Basterebbero già queste due asserzioni per fare di Marx un ecologista ante-litteram. Ma il genio di Treviri, si spinse oltre: il capitale nel suo sviluppo provoca crisi sempre più catastrofiche, è la contraddizione in processo che cresce, avanza, ritorna su stessa, agisce come controtendenza ma alla fine non può eludere il suo esito finale funesto e tragico.

Chi non vede nella teoria marxista questa vena crollista e catastrofista è meglio che lasci perdere e si dedichi ad altre letture!

Nel novecento abbiamo sfiorato tre volte la discesa verso gli inferi, nella prima e nella seconda guerra mondiale, ma soprattutto nella guerra fredda che ci ha portato ad un passo dal catastrofe nucleare (Cernobyl, guerra di Corea, crisi dei missili a Cuba) ed ancora oggi è dislocato nel mondo un potenziale nucleare che potrebbe distruggere Gaia almeno 10 volte!

1 miliardo di persone vive sotto la soglia della sopravvivenza,
Milioni di civili uccisi nelle ultime guerre dal 1991 ad oggi,
Centinaia di migliaia di profughi e sfollati
Desertificazione e inquinamento che avanza
Centinaia di migliaia di specie di animali e vegetali si sono estinte per “cause antropiche”.
9 milioni di persone morte per malattie legate all’inquinamento nell’ultimo anno (dati Oms)

Chi dice che questi dati non configurino una catastrofe o non è in buona fede, o non li vede perché vive al riparo da tutto!

Le 5 riflessioni di Leonardo Mazzei sul Riscaldamento globale, a me che vengo da una tradizione di pensiero marxista, (e in essa vedo dei limiti filosofici che ho discusso QUI, QUI e QUI) mi hanno lasciato basito, con l’amaro in bocca perché, proprio nel punto più alto della crisi di civiltà di questo sistema, della contraddizione epocale capitalismo natura, Mazzei ci ricorda: attenzione non c’è nessuna catastrofe in corso! Il catastrofismo lo vede solo Greta Thumberg e la frazione globalista della elite che la manipola per sbloccare trilioni di dollari nel nucleare o nella “green economy”.

Qui ho semplificato facendo torto a Mazzei. So che Leonardo sviluppa un ragionamento più complesso sulla relazione Clima-catastrofe concludendo che uno 0, di crescita della temperatura da qui alla nostra dipartita in trenta anni non fa venire giù il mondo. Tuttavia dilungandosi in 5 puntate e concentrando il focus su questa relazione e mettendo tra parentesi in 4 o 5 righe gli eventi disastrosi, a volte affermando a volte negando, passa il messaggio che non c’è nessuna catastrofe in corso. Il capitalismo tutto sommato è compatibile con il clima, come se il clima non fosse parte della natura, il termometro della sua malattia terminale.

La sua è una bellissima relazione, corredata di dati e grafici, che poteva essere scritta ai piani alti di qualche università o centro studi di azienda multinazionale. Ma vedo in essa troppa presunzione scientista, troppa dotta imparzialità, troppo asettico distacco. Non vi leggo il mordente rivoluzionario, la critica marxiana dell’ecologia politica! È un caso che non affronta mai il discorso sull’antropocene o sull’impronta ecologica? No non è un caso perché altrimenti sarebbe passato automaticamente il messaggio che lui voleva evitare, il catastrofismo!


Critica metodologica e teoria del caos


Quindi, prima di passare alle questioni di merito e analitiche sollevate da Mazzei, gli sottopongo questa critica metodologica: vero è che le variazioni del clima non si misurano in anni ma in secoli e quindi risultano a noi impercettibili ma, come ci insegna la dialettica e la stessa geologia, mutamenti epocali non si giudicano in anni ma in decenni e secoli. La realtà non è a compartimenti stagni, ogni parte è legata al tutto da azioni, reazioni e controreazioni. Il clima non sta nell’iperuranio, è parte della natura e come dismostrerò subisce gli influssi negativi e positivi dell’azione dell’uomo sull’ambiente. Non solo: cambiamenti quantitativi anche di piccole proporzioni possono determinare salti qualitativi, eventi a catena e fenomeni di rapidizzazione o di accelerazione di cui Mazzei non ha assolutamente tenuto conto. [3]

Come insegna la recente teoria del caos (o delle catastrofi) quando la quantità si trasforma in qualità basta un battito di farfalla in Indonesia per scatenare un uragano negli Stati Uniti. Quando l’acqua arriva alla temperatura di 99 gradi è sufficente uno zero virgola per farla passare dallo stato liquido allo stato gassoso. Quando il terremoto si alza di 0,5 nella scala Richter può decidere della vita o della morte.

Lo abbiamo visto con il fallimento della Lehman Brothers che ha scatenato il ciclone della crisi finanziaria del 2007-2008. Tutto è partito da un evento locale circoscritto agli Stati Uniti, determinato dalla crisi dei mutui subprime, e alla fine abbiamo avuto il secondo grande crollo del sistema finanziario mondiale, trilioni di dollari andati in fumo e il sistema bancario mondiale salvato grazie all’iniezione di altri trilioni di dollari, con eventi a catena di cui siamo tutti vittime.


Questioni di zero virgola?

Il boccone grosso della tesi pronunciata da Mazzei, non si sa perché, lo ha scritto nella sezione 5. Eravamo tutti in attesa. Da semplici calcoli matematici egli giunge alle seguenti conclusioni:


«Cosa ne vien fuori da questo calcolo? Abbiamo visto come nell’aumento della temperatura il peso dell’attività solare è certamente superiore al 50%, ma noi prudentemente ci fermiamo al 50% esatto. Stabilito questo primo passaggio, non sta scritto da nessuna parte che il restante 50% sia interamente attribuibile all’effetto serra, ma noi generosamente lo concediamo. Abbiamo anche visto, però, che solo il 15% dell’effetto serra è riconducibile alla CO2. Sulla quota antropica della CO2 esistono davvero i pareri più distanti. Mentre i serristi vogliono far credere che esso sia pari al 100%, tra i critici si arriva a stimare percentuali dall’1 al 5%. Bene – giusto per le ragioni prudenziali che abbiamo detto – assumiamo qui che tutto l’aumento della CO2 degli ultimi due secoli e mezzo (125 ppm, pari al 31% del totale) sia interamente di natura antropica». Ora, dopo questa concessione decisamente esagerata ai teorici dell’AGW, qual è il risultato finale? Eccolo qui: 0,50 (percentuale aumento temperatura attribuita all’effetto serra) x 0,15 (quota dell’effetto serra riconducibile alla CO2) x 0,31 (quota antropica del 100% sull’aumento della CO2) = 0,023 = 2,3%. Avete capito bene: 2,3%. Dunque, tradotto in gradi centigradi, tenuto conto dell’aumento registrato di 0,8 °C nel periodo 1880-2018, abbiamo un’incidenza antropica sulla temperatura pari a 0,018 °C (2,3/100 x 0,8 = 0,018). Insomma, un dramma»
Rispondo si è un dramma!! E spiego perché


Intanto partiamo da questo grafico:



Andamento della temperatura negli ultimi 2000 anni secondo diversi studi: l’andamento degli ultimi 1000 anni è noto come hockey stick per via della somiglianza con la forma di un bastone da hockey.

In climatologia, nell’ambito dei mutamenti climatici, la controversia dell’hockey stick è un dibattito informale in seno alla comunità scientifica tra i sostenitori del riscaldamento globale di natura antropica e quelli del riscaldamento globale naturale (i cosiddetti “scettici”) i quali prendono a riferimento il grafico dell’andamento globale della temperatura media globale negli ultimi 1000 anni per dimostrare la loro tesi.

Secondo questo grafico, dato per buono sia dai serristi che dai negazionisti, ricavato da studi paleoclimatici a partire da serie storiche, si evidenzia che l’andamento della temperatura negli ultimi 2000 anni subisce un andamento ciclico con la presenza del periodo caldo medievale, di un successivo raffreddamento durato fino alla rivoluzione industriale e del riscaldamento di fine millennio. Ma come tutti potete notare il picco del 2016 supera la serie ciclica dei duemila anni dello 0,6% di grado centigrado, che non sarà difficile far risalire a cause di natura antropica.

Non voglio tediarvi con calcoli matematici e vado al sodo. Intanto Mazzei, nel suo conteggio, ha inserito solo la CO2 e non ha incluso (surrettiziamente forse?) la crescita degli altri gas serra come metano e ossido di azoto, presenti in natura, ma la cui concentrazione è salita sensibilmente negli ultimi 200 anni non per generiche cause antropiche, ma a causa di un dissennato modello di crescita capitalistico. Sappiamo inoltre che il metano come gas serra è più potente della CO2 e che la sua presenza è cresciuta nell’ordine di un 20-25% a causa degli orribili allevamenti intensivi di animali, destinati a far crescere tumori agli uomini (Oms ci dice che la seconda causa di tumori al mondo dopo il fumo è il consumo di carne rossa).

Quindi la misura di 0,018% gradi centigradi, come quota “antropica” al surriscaldamento, è da rifare e sicuramente è molto più elevata.

Vogliamo dare una mano al capitalismo sminuendo i suoi effetti distruttivi solo per dimostrare che Greta è Gretina?

Qualche anno fa uscì uno studio dal titolo “6 gradi” di Mark Lynas. [4] In sostanza la tesi era che se la temperatura terrestre subisse un aumento di 6 gradi da qui a 100 anni (e sappiamo che dalla rivoluzione industriale ad oggi è cresciuta di circa due gradi) si avrebbe come risultato una catena di eventi catastrofici che porterebbero alla probabile estinzione della specie umana e della maggior parte di specie animali e vegetali. Il polmone del pianeta terra, la foresta amazzonica, già sotto attacco per via della massiccia deforestazione, subirebbe il colpo finale con una più che probabile estesa essicazione. Lo scioglimento dei ghiacciai farebbe aumentare il volume degli oceani e quindi la loro espansione termica. Massicce dosi di metano si libererebbero in atmosfera dai poli artici ed antartici. Le temperatura altissime della fasce tropicali spingerebbero centinaia di milioni di uomini ad emigrare nella fasce più temperate a sud e nord del pianeta (fenomeno già in corso). Sarebbe una catastrofe apocalittica. Saremmo alla accelerazione finale ed irreversibile della catastrofe, ciò che Mazzei non mette nel computo. [5]

Tutte le proiezioni — e su queste concordano sia serristi che negazionisti —danno come probabile aumento della temperatura quota 4 gradi da qui a 100 anni, stante l’attuale modello di crescita basata sul fossile. La preoccupazione che aleggia come uno spettro è che raggiunti i 4 gradi si inneschi un processo di accelerazione della crescita della temperatura (rapidizzazione) dovuto all’espansione termica degli oceani, al massiccio rilascio di metano dal Permafrost artico, etc. Allora lo 0,1 di quota antropica sul riscaldamento globale potrebbe essere il battito delle ali di farfalla che scatena l’uragano. Lo 0,1 che fa passare l’acqua dallo stato liquido a quello gassoso. È allora si che lo 0, di Mazzei sarebbe un dramma e un dramma di proporzioni inimmaginabili. Come lo 0, dei mutui sub prime sugli esiti della crisi finanziaria mondiale. Oppure lo 0, della scala Richter.


Glaciazioni ed estinzioni di massa


In epoche geologiche del passato questo pianeta ha assistito a 5 estinzioni di massa dovute al susseguirsi di eventi climatici catastrofici (glaciazioni, epoche interglaciali) esplosioni di vulcani, scontri con meteroiti. Quella dei dinosauri è stata la più clamorosa e quella che ha colpito di più l’immaginario collettivo. Ebbene sembra che i dinosauri siano scomparsi a causa della collisione del pianeta con un meteorite, che ha determinato un innalzamento della temperatura terrestre per molti anni e la distruzione del loro habitat naturale. Supponiamo di essere nel 2100 e di aver raggiunto quota 4 gradi di aumento della temperatura, molto vicini alla quota apocalittica di 6 gradi. Saremo alle soglie di una situazione irreversibile in cui lo 0, può far precipitare tutto verso una già incipiente sesta estinzione! Quale dovrebbe essere il ruolo del sapiens? Mettere in atto tutte le tecnologie possibili per abbassare la temperatura, e cambiare il modo di produzione e i rapporti sociali, se questo diventasse lo step necessario alla sopravvivenza della specie.

Anche se la quota antropica al riscaldamento globale fosse pari a zero la decisione umana di abbassare la temperatura di un grado potrebbe evitare l’irreparabile per la vita in questo pianeta. Come nel caso di un terremoto devastante costruire case antisismiche ci mette al riparo dalla morte sotto le macerie. Invece noi oggi cosa facciamo in relazione al Clima? Esattamente l’inverso: aiutiamo il terremoto ad accrescere le macerie, spingiamo in alto la temperatura fino al punto di non ritorno. Ecco perché ritengo che le riflessioni di Mazzei oltre ad essere un piatto ricco per i Trump che si ritirano dagli accordi di Kyoto, sortiscono l’effetto di deresponsabilizzarci, magari da Mazzei sicuramente non voluto.

Parafrasando Papa Bergoglio: non sono i terremoti ad uccidere ma l’uomo che costruisce male le proprie abitazioni, possiamo scrivere: non sarà probabilmente il clima ad uccidere ma il modo in cui la specie sapiens (per ora solo demens) saprà alterarlo o fronteggiarlo!

Scrive Mazzei nel suo terzo studio “tutta colpa della CO2?”


«E’ lavorando su curve di questo tipo che si è arrivati ad individuare, nell’alternanza di fasi fredde e fasi calde, una generale tendenza al raffreddamento – cioè verso una probabile nuova glaciazione».




le temperature dall’ultima glaciazione ad oggi


Tutti i geologi e climatologi, serristi o negazionisti, concordano sul fatto che ci troviamo in una fase interglaciale, che alcuni chiamano Olocene, altri più attendibili Antropocene (primo fra tutti il premio nobel che lo ha battezzato) [6] e che preluderà, tra qualche migliaio di anni, ad una nuova glaciazione. Se ciò è assunto come dato quasi incontrovertibile, Mazzei mi dovrebbe spiegare come mai nella serie ciclica del clima degli ultimi duemila anni, (vedi grafico sopra) invece di avere una tendenza al ribasso della temperatura media se ne ha una al rialzo! Con nuovi picchi in aumento da qui a 200 anni. Dopo che nei precedenti 4.000 la tendenza è stata al ribasso! Si va verso una nuova glaciazione o verso il suo contrario?


La ragione è politica?


Insomma Mazzei non nega che ci sia il riscaldamento globale e che anche se in minima parte sia determinato da cause antropiche (sic) ma esclude che esso abbia effetti catastrofici a breve termine. Secondo lui le elitè dominanti si sono interamente votate al catastrofismo per sbloccare trilioni di dollari dormienti e per instaurare una dittatura mondiale delle elité.

Scrive Mazzei

«Giustamente dici che mi preoccupo di una possibile “resurrezione” del nucleare. E’ così, ma non è solo questo. Anche a voler prescindere dagli altri interessi economici (che ci sono e sono corposi), il problema più grande è politico: il possibile uso della cosiddetta “emergenza climatica” per arrivare a forme più stringenti – e di necessità profondamente ademocratiche, dunque fondamentalmente autoritarie se non proprio totalitarie – di un governo mondiale delle èlite globaliste. Elite evidentemente illuminate da…Greta Thunberg».

Nella storia del capitalismo non si era mai verificato che per porre in atto innovazioni tecnologiche “rivoluzionarie” o nuovi cicli di accumulazione del capitale, quest’ultimo facesse ricorso ad armi di distrazione di massa. Tale espediente è stato utilizzato per giustificare le guerre agli occhi del popolino, come è stato nel caso delle torri gemelle (a proposito sto aspettando ancora uno studio accurato in 5 puntate sulla bufala delle torri abbattute da Bin Laden) e della guerra in Iraq o per la reductio ad Hitlerum di Milosevic e Gheddafi, ma mai per impiantare la macchina a vapore o introdurre su scala allargata l’elettrificazione o la new economy. L’Innovazione avanza e basta; e si diffonde se riesce a trovare finanziatori, a battere la concorrenza di mercato, a ridurre i costi di produzione e innalzare i profitti. Paesi come la Cina, gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e la Russia (solo per citare i più potenti) hanno già il nucleare. Non hanno bisogno di referendum per convincere il popolo. Se devono aggiornarlo e perfezionarlo, come chiede Bill Gates, lo fanno e basta!

Quanto alla paura di un governo mondiale esso esiste già e le politiche sono quelle neoliberiste, sovradeterminate dal FMI, dalla Banca Mondiale, dalla Ue in accordo con Russia e Cina!

Mazzei teme forse un’altra ipotesi: che l’eco-catastrofe planetaria ponga all’ordine del giorno misure globali che cozzano contro ipotesi sovraniste nazionali. Ma su questo non ci si può fare nulla. Come non si puo evitare la tendenza alla guerra connaturata al capitalismo! Negare il problema per scongiurare il globalismo è come chiudere gli occhi davanti all’adulterio della moglie per salvare il matrimonio!! Se un governo populista di sinistra prende piede in Italia e solo in Italia esso non potrà certo evitare la catastrofe ambientale alimentata da altri 100 paesi che seguono Trump. Come non può evitare le radiazioni se scoppia una centrale nucleare in Francia. Come marxisti o post marxisti, ma sempre rivoluzionari, non dovremmo edulcorare le contraddizioni catastrofiche del capitalismo ma semmai portarle alla luce, spingerle al paradosso, ed usarle come grimaldello per reclamarne l’archiviazione storica!


Conclusioni

Potrei aggiungere altre dosi di critica come il fatto che Mazzei parla di Olocene e non di Antropocene o che non accenni mai alla questione fondamentale dell’impronta ecologica o del debito ecologico che l’umanità sta accumulando nei confronti di un pianeta allo stremo, malato terminale.

Potrei fare una lista lunghissima di disastri ambientali, di 100.000 specie di animali estinte per cause antropiche e che confermano la generale tendenza alla catastrofe e alla probabile sesta estinzione di massa.

Potrei citare eventi estremi come la strage di alberi dello scorso anno nel bellunese mai vista in migliaia di anni in Occidente, Tornado come quelli a Terracina di qualche mese fa, la crescita preoccupante di incendi boschivi, e che smentiscono le ipotesi “ tutto va bene madama la marchesa” …non c’è legame tra inquinamento ed eventi estremi.

Potrei citare recenti studi che testimoniano la stabilità della temperatura negli altri pianeti del sistema solare.

Potrei portare a supporto delle mie tesi lo sconveniente: tutta la maleodorante destra sovranista mondiale da Trump ad Afd tedesca sostiene le tesi negazioniste. Marine le Pen addirittura scrive “La teoria del riscaldamento globale è un complotto comunista”.

Potrei soffermarmi a lungo sulla avanzante deforestazione in primis quella amazzonica: senza le piante, fine dell’ossigeno e iperproduzione di gas serra CO2 con incremento di temperatura ed effetto serra fuori controllo (new scientist B. Holmes 2013). [7]

Nel 2014 Stuart Primm della Duke university ha stimato il tasso di estinzione sulla terra pari a 0,1 specie estinte per milioni di specie per anno. Il tasso odierno sarebbe mille volte superiore, mentre i modelli per il prossimo futuro ne indicherebbero uno fino a 10.000 volte più alto del normale. Mai nella storia del pianeta, anche durante le più catastrofiche estinzioni di massa, sono stati raggiunti tassi così elevati.

Mi fermo qui per ragioni di spazio anche per non tediare ulteriormente il lettore!

Concludo come ho iniziato, con Karl Marx. Facendo osservare a Mazzei, e non me ne voglia, che il suo tentativo rimane prigioniero della gabbia feticistica evidenziata da Marx nel primo volume del capitale. In sostanza Mazzei fa passare per legge naturale (il riscaldamento climatico) ciò che ha una evidente fondamento sociale nell’anarchico e dissennato sistema di crescita infinita del capitale. Invece di assestare un nuovo colpo al capitale finisce, ahimé, per naturalizzarlo! Un neo-malthusianesimo alla rovescia in cui sembra dirci: il clima non soffre, venite avanti, riproducetevi, c’è posto per tutti nel caos infinito e nella crescita illimitata del capitalismo! Chi vivrà vedrà!



NOTE

(1) K. Marx critica del programma di Gotha 1875. opere scelte editori riuniti 1974

(2) K. Marx, il capitale vol 1, Einaudi 1978

(3) Mark Lynas sei gradi, allarme riscaldamento globale. Ed National Geographic.

“In alcuni casi sono state trovate prove di variazioni molto rapide, come alla fine del Permiano, quando si verificò la più devastante estinzione di massa registrata sul pianeta. Un cataclisma legato probabilmente ad alcuni fenomeni di retroazione positiva che potrebbero spiegare gli andamenti non lineari delle variazioni climatiche registrate in passato, aprendo scenari inquietanti per il nostro prossimo futuro”.

(4) Mark Lynas ibidem In questo libro l’autore raccoglie un’ampia documentazione scientifica per illustrare i possibili scenari relativi alle modifiche che il cambiamento climatico in atto potrebbe apportare alle varie zone del pianeta, il tutto diviso per intervalli crescenti di temperatura, rimanendo all’interno di quanto previsto da rapporti ufficiali dell’Intergovernmental Panel on Climate Change.

Partendo dall’ipotesi più favorevole, quella di un aumento di 1 °C, e passando a considerare scenari via via peggiori, fino ad un rialzo stabile di 6 C°, vengono mostrati i possibili effetti sui fragili equilibri che mantengono l’attuale aspetto del pianeta. Con le modifiche della circolazione marina ed atmosferica ci troveremmo a fronteggiare lo spostamento delle zone ad elevata piovosità sempre più a nord, con una progressiva espansione delle zone aride tropicali, ed una conseguente riduzione di aree adatte alle produzioni agricole su cui il genere umano conta per il proprio sostentamento. Piovosità che comunque, anche dove sufficiente per quantità, potrebbe assumere carattere più irregolare e presentarsi con fenomeni sempre più estremi, compromettendo così la regolarità dei raccolti. Fino alla comparsa di uragani in zone mai prima interessate da questi eventi, che comunque diverrebbero sempre più violenti dove già ora imperversano, superando le scale attuali. La riduzione in atto dei ghiacciai di tutto il mondo aumenterebbe i processi erosivi già osservati in Europa durante l’estate del 2003, con serie ripercussioni per gli animali che vivono in quei delicati ambienti. Con effetti simili a quelli che devono affrontare gli abitanti delle foreste equatoriali, i cui corrispondenti sottomarini, le barriere coralline, sono già da tempo interessate da crisi che si manifestano sotto forma di sbiancamenti massivi. E con la diminuzione del pH degli oceani dovuto all’aumento della CO2 la vita per questi ed altri organismi che posseggono gusci di carbonato di calcio diverrebbe impossibile, colpendo gravemente anche i componenti del fitoplancton, fonti di nutrimento essenziali per gli altri organismi marini. Un effetto, quello dell’alterazione di ambienti fondamentali per organismi impossibilitati ad adattarsi a variazioni troppo rapide, che accelererà inevitabilmente l’attuale tasso di estinzione di specie animali e vegetali, privandoci di una biodiversità preziosa ed insostituibile. La scomparsa definitiva dei ghiacciai d’alta quota eliminerebbe inoltre le riserve di acqua potabile per molte aree urbane situate in zone vulnerabili, portando ad una drastica riduzione della portata di corsi d’acqua e bacini naturali ed artificiali, il che condurrebbe ad una competizione tra esigenze d’uso civile, agricolo ed energetico. Un processo di scioglimento che per quanto riguarda le masse glaciali situate ai poli e nelle zone circumpolari richiederebbe – anche nello scenario più grave – parecchi secoli, comportando un lento ma progressivo innalzamento del livello dei mari, ma che già nelle fasi iniziali colpirebbe atolli di limitata estensione ed altezza come Tuvalu rendendoli inabitabili, costringendo le popolazioni che ci vivono all’esodo. Negli scenari peggiori, il livello degli oceani crescerebbe di molti metri sopra l’attuale, invadendo estese zone oggi densamente abitate, salinizzando terreni e falde acquifere, rendendoli inutilizzabili per l’uomo. Condizioni che la terra ha già affrontato in passato, durante ere in cui eventi naturali hanno prodotto fenomeni simili a quelle che prevedono gli attuali modelli, con una differenza fondamentale: i tempi molto più lunghi. L’ultimo capitolo cerca di individuare possibili strategie per sfuggire alle logiche attuali, che a dispetto di risoluzioni ed impegni di organizzazioni internazionali e Stati, vedono la produzione di CO2 aumentare invece che diminuire. Un trend che sembra rendere inutile qualsiasi scelta, facendo apparire inevitabili i peggiori scenari prospettati nel libro. L’autore ritiene sia ancora possibile agire, nell’ottica di limitare i danni, adottanto una serie di approcci certamente difficili da far accettare ad un mondo che ha fame di energia e risorse, ma che rischia di pagare a caro prezzo la miopia delle sue scelte.

(5) Elizabeth Kolbert la sesta estinzione, biblioteca editori associati tascabili 2014. La Kolbert scrive a pag 142 : “ Per via della quantità di CO2 in surplus, il PH della superficie oceanica ègiàprecipitato, da un valore medio di circa 8,2 a uno di 8,1. Come per la scala Richter usata per valutare l’entita’ di un sisma, la scala PH èlogaritmica, e quindi anche una differenza numerica cosi’ lieve rappresenta, nel mondo reale, un cambiamento davvero considerevole. Un calo dello 0,1 significa che adesso gli oceani hanno una acidita’ del 30% maggiore rispetto a quella del 1800. Dando per scontato che l’uomo continuera’ a bruciare combustibili fossili, gli oceani continueranno ad assorbire Diossido di Carbonio e diventeranno sempre più acidi. In uno scenario delle future emissioni definibile di “ordinaria amministrazione”, il ph della superficie oceanica sara’ pari a 8,0 giàa meta’ di questo secolo, e precipitera’ a 7,8 prima di fine secolo. A questo punto gli oceani saranno 150 volte più acidi di quanto non fossero all’inizio della rivoluzione industriale”.

(6) J.R. McNeill Peter Engelke, la grande accellerazione, una storia ambiental dell’antropocene dopo il 1945. L’antropocene ègiàcominciato e precisamente da quando l’uomo ha cominciato ad interferire con le sue azioni su alcuni dei sistemi fondamentali della terra, come il ciclo del carbonio e quello dell’azoto, e l’impatto umano sul pianeta e la sua biosfera ha raggiunto livelli mai toccati in precedenza. Sebbene sia inutile cercare di individuare un punto preciso, i dati in nostro possesso portano ad indicarlo con ogni probabilita’ intorno alla meta’ del xx secolo, tra il 1945 e il 1950.

(7) J.R. McNeill Peter Engelke, ibidem. Secondo una stima, ad esempio, la perdita totale di foresta tropicale nella seconda meta’ del novecento sarebbe pari a 555 milioni di ettari, un’area appena più grande di meta’ della Cina” pag 85

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