IN MEMORIA DI GIULIETTO CHIESA
La notizia della morte di Giulietto Chiesa mi ha lasciato attonito quasi smarrito, come avessi perso un famigliare, o un amico stretto.
Lo avevo seguito il 24 aprile nella sua diretta Facebook con Mauro Scardovelli e poi il 25 nel suo ultimo messaggio, quasi un testamento spirituale. A poche ore da questi eventi, nel pieno ancora delle sue forze, la natura ce lo ha strappato lasciandoci un vuoto incolmabile, a conferma che essa e' sempre padrona dei nostri destini, a volte donandoci forza a volte espropriandola, a suo insindacabile capriccio.
Ho conosciuto personalmente Giulietto Chiesa agli inizi di Febbraio 2020 a Foligno durante un dibattito pubblico organizzato da Lit (Liberiamo l'Italia) e Futuro collettivo sul tema della Guerra. Non era ancora scattata l'emergenza CoronaVirus. Forse e' stata una delle sue ultime apparizioni in pubblico. Dopo la sua consueta perfetta prolusione, con uno sguardo limpido e profondo sugli eventi mondiali, alcuni di noi, insieme con lui, siamo andati a cena in una pizzeria locale, prima che prendesse l'ultimo treno per Roma. Per me e' stata una emozione indimenticabile. Ci siamo scambiati opinioni sulla fase politica, sulle Torri gemelle, sul Coronavirus. Mi ha colpito subito l'umanita' e l'umilta' con cui ci ascoltava rispondendo ad ogni nostro dubbio o obiezione. Era come se ci conoscessimo da una vita. Giulietto aveva la dote straordinaria di entrare gioiosamente in empatia con tutti, di non sottovalutare mai, con la spocchia dell'intellettuale, i suoi interlocutori, di non guardare nessuno dall'alto in basso della sua esperienza o della sua notorieta'.
Ogni di noi ha una missione in questa terra. Quella di Giulietto era di infondere fiducia, in chiunque lo ascoltasse, sulla capacita' dell'uomo di smascherare il potere, di svelare gli inganni e l'ipocrisia dei padroni universali e di lottare fino all'ultimo per raggiungere un ordine sociale piu' equo e solidale.
Grazie Giulietto
Qui sotto potete leggere una toccante testimonianza di Giulia Zanette.
"Non ho un ricordo in particolare da raccontare, perché l'ho incontrato di persona poche volte e nelle questioni di lavoro eravamo in contatto via mail, ma posso dirti che cosa mi ha colpito maggiormente di lui: non tanto il fatto che fosse un grande giornalista (ce ne sono, non tanti magari, ma ce ne sono), e nemmeno la sua onestà intellettuale e la libertà (anche queste, per fortuna, si incontrano ancora nelle persone, seppure non frequentemente). Ciò che rendeva Giulietto un uomo magari non unico, ma sicuramente molto raro, era l'unione in lui di due forze molto potenti: il desiderio, quasi un richiamo interiore credo, di rendere il mondo un posto più giusto per tutti, e la certezza che con un impegno costante questo desiderio potesse essere realizzato. Ora, di gente che si impegna al massimo per concretizzare i propri sogni ce n'è a bizzeffe, ma solitamente si tratta di ambizioni terrene, fare soldi in primis. Poi ci sono quelli, tantissimi, che vorrebbero vivere in un mondo migliore, e "la pace nel mondo", e "la fine della povertà" e così via, ma poi quando è il momento di passare all'azione ti dicono che "tanto non cambia niente" e quindi lasciano tutto com'è. Sono individui rassegnati. Giulietto non si sarebbe rassegnato mai, nemmeno a 120 anni si sarebbe rassegnato! Ci credeva nel suo sogno, anzi non solo ci "credeva" ma - da buon marxista quale lui si definiva - "sapeva" che questo stato delle cose non può durare per sempre. Di ciò voleva rendere partecipi e consapevoli anche gli altri. Mentre i più sognano di essere alla guida di una bella macchina o di una grande azienda, quelli come Giulietto sognano la possibilità per un popolo di prendere in mano le redini del proprio Paese e di fare piani per il futuro, di stabilire una meta, un obiettivo a lungo termine da realizzare tutti insieme. Non esiste aspirazione più grande. Era un guerriero, Giulietto, e si è battuto per la Verità fino alla morte, con una determinazione e una fede che si incontrano una volta su un milione. In questo era un po' come una cometa. A chi non la conosceva già, ha indicato la via".
Giulia Badmaeva Zanette
Ho conosciuto personalmente Giulietto Chiesa agli inizi di Febbraio 2020 a Foligno durante un dibattito pubblico organizzato da Lit (Liberiamo l'Italia) e Futuro collettivo sul tema della Guerra. Non era ancora scattata l'emergenza CoronaVirus. Forse e' stata una delle sue ultime apparizioni in pubblico. Dopo la sua consueta perfetta prolusione, con uno sguardo limpido e profondo sugli eventi mondiali, alcuni di noi, insieme con lui, siamo andati a cena in una pizzeria locale, prima che prendesse l'ultimo treno per Roma. Per me e' stata una emozione indimenticabile. Ci siamo scambiati opinioni sulla fase politica, sulle Torri gemelle, sul Coronavirus. Mi ha colpito subito l'umanita' e l'umilta' con cui ci ascoltava rispondendo ad ogni nostro dubbio o obiezione. Era come se ci conoscessimo da una vita. Giulietto aveva la dote straordinaria di entrare gioiosamente in empatia con tutti, di non sottovalutare mai, con la spocchia dell'intellettuale, i suoi interlocutori, di non guardare nessuno dall'alto in basso della sua esperienza o della sua notorieta'.
Ogni di noi ha una missione in questa terra. Quella di Giulietto era di infondere fiducia, in chiunque lo ascoltasse, sulla capacita' dell'uomo di smascherare il potere, di svelare gli inganni e l'ipocrisia dei padroni universali e di lottare fino all'ultimo per raggiungere un ordine sociale piu' equo e solidale.
Grazie Giulietto
Qui sotto potete leggere una toccante testimonianza di Giulia Zanette.
"Non ho un ricordo in particolare da raccontare, perché l'ho incontrato di persona poche volte e nelle questioni di lavoro eravamo in contatto via mail, ma posso dirti che cosa mi ha colpito maggiormente di lui: non tanto il fatto che fosse un grande giornalista (ce ne sono, non tanti magari, ma ce ne sono), e nemmeno la sua onestà intellettuale e la libertà (anche queste, per fortuna, si incontrano ancora nelle persone, seppure non frequentemente). Ciò che rendeva Giulietto un uomo magari non unico, ma sicuramente molto raro, era l'unione in lui di due forze molto potenti: il desiderio, quasi un richiamo interiore credo, di rendere il mondo un posto più giusto per tutti, e la certezza che con un impegno costante questo desiderio potesse essere realizzato. Ora, di gente che si impegna al massimo per concretizzare i propri sogni ce n'è a bizzeffe, ma solitamente si tratta di ambizioni terrene, fare soldi in primis. Poi ci sono quelli, tantissimi, che vorrebbero vivere in un mondo migliore, e "la pace nel mondo", e "la fine della povertà" e così via, ma poi quando è il momento di passare all'azione ti dicono che "tanto non cambia niente" e quindi lasciano tutto com'è. Sono individui rassegnati. Giulietto non si sarebbe rassegnato mai, nemmeno a 120 anni si sarebbe rassegnato! Ci credeva nel suo sogno, anzi non solo ci "credeva" ma - da buon marxista quale lui si definiva - "sapeva" che questo stato delle cose non può durare per sempre. Di ciò voleva rendere partecipi e consapevoli anche gli altri. Mentre i più sognano di essere alla guida di una bella macchina o di una grande azienda, quelli come Giulietto sognano la possibilità per un popolo di prendere in mano le redini del proprio Paese e di fare piani per il futuro, di stabilire una meta, un obiettivo a lungo termine da realizzare tutti insieme. Non esiste aspirazione più grande. Era un guerriero, Giulietto, e si è battuto per la Verità fino alla morte, con una determinazione e una fede che si incontrano una volta su un milione. In questo era un po' come una cometa. A chi non la conosceva già, ha indicato la via".
Giulia Badmaeva Zanette
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