giovedì 16 aprile 2020


CHI SONO I VERI COMUNISTI

di Irina Brashchayco


Premetto che per essere comunisti non c’è bisogno di leggersi tutti i teorici del comunismo come affermano i fanatici. Basta conoscere certe leggi economiche, proprio perché sono leggi, e non chiacchiere, come quella dell'accumulazione capitalistica, secondo la quale quando da una parte si accumula la ricchezza, dall'altra parte si accumula la miseria.

I governi dei paesi occidentali, sotto la spinta dei partiti della sinistra, hanno finora gestito questo problema ridistribuendo la ricchezza, ma anche sfruttando il cosiddetto terzo mondo e la natura. Ma ora che il mondo è globalizzato economicamente, gli imprenditori locali dei molti paesi occidentali producano una ricchezza non sufficiente per essere distribuita a tutti. Guadagnano soprattutto le banche e le multinazionali che non si sa se pagano le tasse e dove.
Il resto è pratica.
I comunisti sono coloro che condannano qualsiasi sfruttamento (l’uomo sull’uomo, paese sull’altro paese, l’uomo sugli animali e sulla natura in generale), qualsiasi fanatismo (religioso, politico, raziale), qualsiasi ingiustizia. Sono coloro che vivono modestamente perché sanno che le risorse del pianeta non sono infinite e che il consumismo è il sangue del capitalismo. Sono coloro che cercano di convincere gli altri, ma non odiano nessuno, perché trasformano la loro giusta rabbia in Amore.



COMUNISMO UMANISTICO RAZIONALE

Comunismo è l’unica idea che ci può salvare, perché è un insieme degli ideali universalmente riconosciuti e indispensabili per la convivenza pacifica tra le persone e tra i popoli. Questi ideali sono: Libertá, Giustizia, Eguaglianza, Fratellanza, Amore. Il bolscevismo ha sacrificato almeno un ideale, quello della libertà dei cittadini, per cui non può essere considerato il vero comunismo. La dittatura del proletariato è ammissibile solo se è rivolta contro i nemici del popolo e un piccolo imprenditore non può essere considerato tale. Inoltre il nostro nemico principale è il capitalismo e la sua logica e non altri esseri umani, anche perché la logica del capitalismo non ha risparmiato nessuno di noi e essere nati in una famiglia più ricca o più ignorante non può essere considerata una colpa. La strada verso il comunismo passa attraverso l’educazione. L’educazione ai valori della nostra Costituzione di tutta la popolazione, non solo dei bambini. Purtroppo dei comunisti veri sono rimasti pochi, ma quelli che ci sono ancora hanno l’obbligo di unirsi per trovare una soluzione a questa, a quanto pare, l’ultima crisi del capitalismo.




COS’È IL COMUNISMO

Sono diversi secoli che si parla del comunismo, ma ancora non abbiamo un'idea precisa di cosa sia e soprattutto come lo si raggiunge. E pure è semplice. Che cos’è lo dice la parola stessa. Comunismo deriva dal latino commūnis («comune», «pubblico», «che appartiene a tutti», ma anche «neutrale», «imparziale» e «equilibrato»). Questo però non significa che dobbiamo per forza vivere nei comuni o che tutto deve essere della proprietà dello stato. E soprattutto non significa che questi modelli devono essere imposti al popolo. Lo stesso Marx parlava dei comuni liberi delle persone libere. Si, prevedeva un periodo della dittatura del proletariato, ma non la dittatura SUL proletariato. Cosa significa questo? Significa solo una cosa, il comunismo deve essere volontario, anzi voluto dal popolo. Deve partire dal popolo nel suo insieme, non dai pochi illuminati che lo guidano e lo controllano. Gli illuminati devono solo illuminare. Il resto spetta al popolo. Perché se non è il popolo a decidere, ci vorrà per forza una dittatura per controllarlo. E solo gli ignoranti possono credere che esistono i dittatori buoni. Quando invece la decisione parte dal popolo, non c’è bisogno di controllarlo, sopprimendo i diritti individuali. Basterebbero le leggi democratiche.
Partirà mai questa volontà dal popolo? Io credo di sì. Basta fargli capire che i beni comuni sono importantissimi. Dal primo bene comune, l’ambiente, dipende addirittura la nostra sopravvivenza. Dalla salute delle altre persone dipende anche la salute nostra. Anche la previdenza sociale è un servizio pubblico. E dalla qualità dell’istruzione pubblica dipendano la nostra sopravvivenza, la nostra salute, il nostro benessere.



NUOVO COMUNISMO: SULLA MIGLIORE PRASSI PER COSTRUIRE UNA SOCIETA’ SOCIALISTA LIBERTARIA

La rivoluzione si farà se saremo in grado adesso di spiegare bene per filo e per segno cosa succederà dopo, altrimenti i potenziali soggetti della rivoluzione non metteranno a repentaglio il loro stile di vita e le loro vite, piuttosto si adatteranno al riformismo ed alla logica del "meno peggio"
Sicuramente le contingenze successive alla nuova rivoluzione globale, che la Storia sta già incubando, detteranno delle variazioni sul tema, ma è importante delineare e proporre fin da ora quale è il tema di fondo, in cosa consiste la novità del Nuovo Comunismo, ovvero quale è il nostro modello di società socialista alternativo a quelli già sperimentati in passato e tutti falliti.
L’azione politica non deve mai essere protesta fine a se stessa, ma conseguire da una teoria che finalizza un obiettivo largamente condiviso.
Dal fine ultimo del modello sociale proposto discende anche la legittimazione delle mosse intermedie, quindi proteste tattiche e campagne strategiche.
Per ora i nostri modelli politici sono fermi alla proposta della dittatura del proletariato a prevalenza del partito unico, di conseguenza siamo nell'inattività che deriva dalla mancanza di credibilità.
La necessità di insistere fin da ora su tale innovazione della teoria della Praxis marxista postrivoluzionaria è dovuta al fatto che le rivoluzioni si pianificano meglio con poca disperazione, e possibilmente con molta lucidità, pensando a quello che possiamo costruire dopo non a quello che potremo distruggere prima, in quanto distruggere è molto facile appena i tempi diventano propizi, ma costruire è molto più difficile.

In altre parole, dobbiamo decidere ora se vogliamo ancora insistere su veteromodelli consegnati alla storia oppure no, prima che il crollo imminente del modello di vita offerto dal capitalismo offra alla Storia occasioni rivoluzionarie confuse e deleterie.
Non facciamoci illusioni, mai la Storia imbocca due volte lo stesso sentiero, se insistiamo sui modelli dittatoriali diretti di un certo “socialismo reale” il comunismo come lo intendiamo, ovvero come abbattimento della proprietà privata dei mezzi di produzione e liberazione dell’uomo dallo sfruttamento, non si realizzerà in questo secolo, e forse mai. Se si lascia la prefigurazione di quello che succederà alla generica fama dittatoriale che ci siamo fatti, ossia alla teoria attuale della prassi marxiana e quindi alla veterodittatura del proletariato con predominio del partito unico, allora è finita perché i proletari in particolare, ed i popoli in generale, non ci daranno mai il loro appoggio.

C'è in Marx il seguente paradosso che è stato sottovalutato: l'estinzione dello Stato deve passare attraverso lo Stato stesso, ovvero lo Stato da strumento di oppressione nelle mani della borghesia deve diventare strumento di liberazione dell'unica classe rimasta, ma come fa uno Stato teorizzato come dittatoriale ad estinguersi?
È molto più facile invece che si trasformi in Stato stalinista, e quindi in capitalismo di Stato che perpetua lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
E ciò è esattamente quel che è successo sempre e ovunque.
Il Nuovo Comunismo che rappresentiamo sollecita fortemente una revisione della teoria della prassi. Indichiamo allora la Nuova Via che passa non più per la dittatura aperta del proletariato ma attraverso una iniziale dittatura democratica del proletariato (esattamente come questa in cui viviamo è la dittatura democratica della borghesia), con istituzioni democratiche, libertà garantite (meno quella della proprietà privata dei mezzi di produzione), e controlli reciprochi dei poteri e contrappesi istituzionali.
Ecco il nostro grande progetto innovativo: la dittatura democratica del proletariato che possa evolversi per la prima volta nella Storia in democrazia vera, in reale espressione della volontà di un popolo unito e non più diviso in classi.

Per ottenere un tale risultato è necessario che tutti i comunisti di qualsiasi orientamento adottino tale innovativa teoria della praxis e smettano di inseguire illusoriamente l’unità: ciò che ci serve è una grande strategia di alleanze che sfoci in un Parlamento di soli partiti comunisti in reale ma civile opposizione tra loro sul modo di intendere il socialismo e sulle modalità per costruirlo.
Marxisti-leninisti, stalinisti, marxisti puri, maoisti, trotzkistj, guevaristi, comunisti libertari, comunisti democratici, cattocomunisti, anarcocomunisti...tutti alleati in un progetto postrivoluzionario PARLAMENTARE in grado di favorire anche forme di democrazia diretta, ed in ogni caso aggregare maggioranze di volta in volta diverse a seconda delle esigenze e delle opportunità contingenti, coinvolgendo e responsabilizzando il popolo ormai unito in una sola classe attraverso il voto, la partecipazione democratica e persino la partecipazione al potere legislativo per questioni meno tecniche.
Sembra una eresia, sembra inaudito proprio perché mai udito, ma non sono le idee inaudite a cambiare davvero il mondo?
La politica è l’arte dell’impossibile, e per essa solo le idee contano, il resto è fuffa.
Riconosciamo che è un salto teorico enorme, ma è doveroso compiere. Solo questo salto può farci uscire dalle sabbie mobili che ci stanno fagocitando, è qualcosa di cui convincerci al più presto e diffondere al massimo se vogliamo che un giorno la rivoluzione come noi la intendiamo si faccia davvero.

E' importante che ogni compagno si prepari nella nuova teoria per poter sempre controbattere alle terribili obiezioni che ci muoveranno. In particolare va afferrato il seguente punto: noi intendiamo non più il socialismo come dittatura scoperta ma come rovesciamento speculare dell'attuale dittatura "democratica".
E' infatti assodato che la dittatura della borghesia è percepita come vera democrazia dai popoli di tutto il mondo, e su questo dobbiamo fare leva. La dittatura della borghesia in forma “democratica” risulta ormai non solo più efficace in astratto per complessità e sofisticazione di controllo, ma di sicuro anche storicamente vincente rispetto alle dittature del cosiddetto socialismo reale.
Inoltre, la forma dittatoriale in chiave democratica è più evoluta perché evita gli eccessi propri della dittatura scoperta e diretta, e ciò perché i soggetti del controllo ideologico e sociale sono molteplici e possono controllarsi a vicenda.
I pesi ed i contrappesi incrociati evitano che la dittatura possa deviare il proprio corso, come spesso è accaduto nei tentativi rivoluzionari di fondare il socialismo.
La democrazia dei partiti borghesi pro capitalismo ci fa schifo, ma solo perché alla fine concordano sempre tra loro e riescono sempre a fare i loro interessi, che è poi l’interesse del capitale e della classe che rappresentano.
Ma si provi ad immaginare una democrazia di soli partiti comunisti tutti per il socialismo (anche se con visioni diverse su come costruirlo): alla fine concorderanno sempre tra loro e riusciranno sempre a negare ed evitare lo sfruttamento da proprietà privata dei mezzi di produzione, che è il nostro principale obiettivo e che coinciderà per forza comunque con l’interesse primario del proletariato rivoluzionario e vittorioso che li voterà, e quindi con l’interesse del popolo finalmente unito che li manderà al potere tramite la partecipazione democratica, i referendum propositivi, le votazioni, i controlli della stampa, l’espressione della propria pubblica opinione, e infine quote di potere espresse in esercizio di democrazia diretta previste nella nuova Carta Costituzionale postrivoluzionaria.
(Sui motivi per cui non è preferibile la fondazione di una immediata democrazia diretta socialista, leggere il documento in “File” di questo gruppo intitolato “SULLA DEMOCRAZIA DIRETTA, OVVERO SULLA POSSIBILITA’ CHE A DECIDERE TUTTO SIA DIRETTAMENTE IL “POPOLO” SENZA INTERMEDIARI RAPPRESENTATIVI”.
Per concludere su questo punto, la nostra concezione di “dittatura” democratica del proletariato prevede una riproduzione e perfezionamento in chiave marxista dell’attuale democrazia dittatoriale borghese, ma ad esclusivo vantaggio degli interessi del proletariato che diventerà unica classe esistente, e con aggiramento di tutti quegli aspetti che oggi rendono invisa l’azione parlamentare: formazione di una parziale ma consistente democrazia diretta con creazione di consigli proletari (storicamente i soviet), i quali deterranno una corposa fetta di potere e sorveglieranno il Parlamento Comunista Pluralista. La nostra architettura istituzionale di un futuro Stato socialista postrivoluzionario prevede l’esistenza di due assi democratici del potere, uno verticale costituito dal Parlamento, con poteri di orientamento, di elaborazione e di legiferazione complessa; e poi un asse orizzontale di controllo e di legiferazione su questione più semplici, costituito da organizzazioni popolari di base in grado di prevedere anche votazioni di massa in linea con lo sviluppo di una futura democrazia diretta, ovvero comunismo pieno e realizzato.


Ed anche se questa non sarà certamente la società socialista perfetta, essa rappresenta comunque l’unica perfettibile: una società socialista marxiana incardinata nella dittatura democratica del proletariato è l’unica in grado di generare davvero uno Stato in grado di estinguersi, di permettere cioè quell’evoluzione auspicata da Marx che conduce dal socialismo al comunismo compiuto, e che prevede la libertà assoluta per autodeterminazione dal basso senza più l’ingombro di uno Stato dittatoriale che è fonte di pericolo costante.
Insomma, il “parlamentarismo comunista” in luogo di una dittatura a conduzione di un solo partito comunista è necessario, e deve essere inteso come governo della prima fase socialista della rivoluzione da parte di una assemblea legislativa di soli partiti comunisti in reale opposizione tra loro per la rappresentanza popolare.
Ciò rappresenta l’unico assetto istituzionale in grado di fornire le garanzie necessarie per la fondazione della vera democrazia, ovvero con quella felice fase finale dell’umanità che Marx definì comunismo, coincidente con la fine della preistoria, l’inizio della storia ed epoca di reale libertà.
Infatti, in ossequio al principio dialettico marxista della “negazione della negazione” la “dittatura” democratica del proletariato rovescerebbe la forma dittatoriale della “democrazia” borghese ma con contenuti completamente diversi: l’intento è prendere la forma politica ed istituzionale di governo che si è rivelata più funzionale per riempirla dei contenuti propri del marxismo: l’abolizione totale o quasi totale della proprietà privata dei mezzi di produzione, nostro minimo comun denominatore di comunisti.
Ciò permetterebbe gradualmente una presenza sempre meno opprimente dello Stato e un sempre maggiore autogoverno del popolo, come già adesso in seno alla “democrazia” capitalistica l’alta borghesia si auspica per determinare però non il regno della massima libertà bensì la massimizzazione del proprio dominio senza l’ingombro di quello Stato che pure è emanazione, comitato e strumento del proprio dominio.

L’azione del nuovo comunista è tesa a smarcarsi da un passato ingombrante pur nel rispetto delle sue autentiche ed originali spinte ideali, che sono poi le stesse del presente, anche se depurate da certi eccessi infantili.
Soprattutto, il nuovo comunista è un politico maturo (anche se giovanissimo) che discute, convince ed agisce evitando le vecchie parole d'ordine ed i vecchi simboli che rappresentano il limite retorico che intendiamo abbattere.
Il nuovo comunista non discute di situazioni contingenti o di politica spicciola, non si lascia impelagare in questioni di miglioramento delle condizioni di vita del proletariato entro il capitalismo, egli esalterà invece le condizioni di vita entro una futura società socialista, ne descriverà le bellezze e la bontà e la giustizia, ricordando sempre all’obiezione più ovvia che egli non è un vecchio comunista ma un nuovo comunista, che l’offerta politica che egli propone ruota intorno ad una idea centrale: sostituire la vecchia concezione della dittatura del proletariato a predominio di un partito unico con una vera democrazia del popolo non più diviso e non più strumentalizzato, fondata non più sul predominio di una classe sull’altra ma rappresentativa dell’intero popolo pacificato in sé, fondata sulla verità e non sull’inganno.
La democrazia borghese è la forma di dittatura più efficace e sofisticata mai sperimentata dalla storia perché mistificatoria: veritiera nella forma apparente ma ingannevole nei contenuti. È questa ibridazione difficile da scoprire a garantirle il successo.
Per il futuro del socialismo che sogniamo intendiamo adottare questo assetto ibridato per garantirci lo stesso successo, ma con una non trascurabile differenza: la nostra organizzazione democratica sarà veritiera nella forma apparente e veritiera anche nei contenuti di giustizia sociale e di libertà, fino a trasformarla gradualmente nella prima vera democrazia della Storia, la prima e l’unica possibile, l’unica in grado di rivoluzionare le complesse società in cui viviamo non più attraverso decisioni insindacabili di pochi ma tramite una saggia ed illuminante dialettica parlamentare non più inquinata dalla sottostante depravazione dell’esercitare di nascosto gli interessi reali dei veri detentori del potere politico: il potere economico.
Tutto ciò ovviamente sarà possibile dopo la rivoluzione ed in una fase pacificata e senza più pericoli controrivoluzionari.

"Comunismo democratico" è il nome del gruppo laboratorio per tali idee, venite a trovarci ed aderite: https://www.facebook.com/groups/Comunismo.democratico/?ref=bookmarks
"Comunismo democratico" appare come uno stridente ossimoro, ma solo per chi ancora non possiede la maturità politica e storica per comprendere appieno il significato di questo accostamento, e continua imperterrito a volersi rifugiare
dinanzi all'esposizione "anatomica" della ricostruttività dispotica e dittatoriale di una futura società socialcomunista da parte di certi compagni (marxisti-leninisti, stalinisti, maoisti, ecc.).
Per noi comunisti si tratta di una evoluzione naturale necessaria, si tratta di un adattamento darwiniano inevitabile, evolverci o perire, si tratta del passaggio da una concezione politica infantile ad una matura e consapevole.
Stabilire la possibilità di un “comunismo democratico” significa per noi comunisti affrontare finalmente la fase adulta dopo una stagione puberale tempestosa ed autodistruttiva.
Ogni eocomunista fa i conti con la propria coscienza, opera un bilancio ed alla fine decide se ne vale la pena oppure no, se aderire ad un progetto che tenta una operazione epocale: rivoluzionare l'dea stessa della rivoluzione comunista come è stata intesa fino ad ora, restando però fedele alle idee economicistiche di Marx, vero gioiello e cuore pulsante di tutto l'impianto marxista.
(a.f.c.)










4 commenti:

  1. Quello che in questo (neanche originale) scritto sul comunismo, ci viene proposto è la solita interpretazione e impostazione politico-ideale, figlia della visione trotzkhista di come si dovrebbe o si debba realizzare un comunismo democratico cioè un comunismo con la proprietà privata, le libertà civili, di sesso, di genere, di specie che ripropone una stantia idiosincrasia ossimora: quella di tenere insieme, senza conflitti e guerre, ciò che non può essere tenuto assieme (l’acqua e il fuoco, la vita e la morte, etc.) l’interesse privato e la proprietà privata e privatistica e il bene comune e la solidarietà collettiva sociale. Una concezione di comunismo democratico, quella trotzkysta, che da sempre ha indebolito, confuso e fiaccato il movimento comunista e i rivoluzionari divenendo il motivo principale di contrapposizione tra di loro facendo dimenticare che la libertà, la democrazia liberale, i diritti sociali e la democrazia economica non sono e non potranno mai essere coniugati o convivere. O l’una o l’altra. Guai a seguire chi crede o cerca di far credere che la libertà e la democrazia liberale possa essere usata e/o utilizzata per costruire un sistema sociale comunista perché chi lo fa, volente o no, coscientemente o no, sta lavorando e operando per aiutare, puntellare e sostenere il re di Prussia (il capitalismo e il liberalismo) anche se a parole dice, afferma e proclama di volerlo combattere e abbattere. Non ho mai creduto, come seguito a non credere, nel primato del “sapere” accademico professionale né nei suoi sacerdoti, ma ho sempre creduto, e continuo a credere, nella “sapienza” individuale e collettiva; così come la intendevano gli antichi greci.
    Luigi

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  2. Caro Morgan,

    Il saggio qui proposto e' un valido tentativo di riflettere sulle cause che hanno portato alla disfatta del comunismo storico novecentesco. Se non si parte da qui non si va da nessuna parte.
    E' chiaro che il comunismo storico novecentesco si e' realizzato come dittatura del partito unico sul proletariato. Niente a che vedere con l'Idea di Marx di dittatura del proletariato, che lui stesso aveva indicato come esempio realizzato nella Comune di Parigi del 1971, un esperimento rivoluzionario dove i marxisti erano una minoranza e anarchici proudhoniani nonche Blanquisti avevano la direzione. Quindi non un partito unico come si e' realizzato nel 900, ma una pluralita' di forze accomunate da uno stesso obbiettivo: la liberazione del lavoro salariato dallo sfruttamento capitalistico.
    La dittatura del partito unico sul proletariato e' morta e non possiamo piu' resuscitarla. Su questo non ci piove.

    Mauro Pasquinelli

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  3. Differente e' il discorso su liberta' e comunismo, caro Morgan. La parola liberta', come la parola democrazia non e' prerogativa e brevetto del pensiero liberale. Almeno da quando l'uomo ha iniziato a combattere contro le ingiustizie perpetrate da altri uomini, liberta' e democrazia sono sempre state istanze presenti nei movimenti di rivolta, da Alessandro Magno a Cristo, passando per Spartaco, per finire alla rivoluzione francese, inglese e americana. La rivoluzione comunista, quella che tu chiami democrazia economica o democrazia sostanziale puo' realizzarsi solo come processo collettivo, di popolo e non come colpo di stato ad opra di una minoranza che indichi al popolo il sol dell'avvenire. Noi dobbiamo illuminare il percorso, non siamo il percorso.
    Quindi liberta' (come liberta' di pensiero, liberta' di movimento, liberta' di manifestazione, di stampa etc) sono consustanziali al processo di liberazione. Ove manca la liberta' (da limitare solo alle forze che vogliono restaurare il vecchio ordine) non abbiamo il processo di liberazione, ma una nuova dittatura.

    Mauro Pasquinelli

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  4. No caro Mauro, non sono per nulla d’accordo. Se un uomo non è libero dal bisogno per lui tutte le altre libertà sono solo e soltanto fatue libertà e non valgono nulla in quanto esse possono essere usufruite e godute solo da chi se le può permettere perché ha i mezzi (i soldi) per poterlo fare. Il comunismo, in estrema sintesi ed in prima istanza, non è altro che la realizzazione della liberazione dell’uomo dal bisogno e una esistenza serena: tutto il resto sono e rimangono soltanto elucubrazioni sofistico-filosofiche che non possono che condurre a “nulla” come il disquisire sul sesso degli angeli,.
    Luigi

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