EINSTEIN CREDEVA VERAMENTE IN DIO?
di Mauro Pasquinelli
[ 4 novembre 2017 ]
Nello scambio di commenti ad un mio articolo contro lo specismo è stato tirato in ballo Einstein e il suo giudizio sulla religione.
Considero Einstein non solo il più grande scienziato del 900 ma un filosofo ed un socialista di primaria grandezza da cui ognuno di noi quotidianamente dovrebbe cercare ispirazione. E’ un saggio, un sapiente illuminato uno dei massimi vertici della cultura occidentale.
Ascoltiamo dunque Einstein:
«Per quel che riguarda l’uomo primitivo è soprattutto la paura a evocare nozioni religiose. […]
Tuttavia c’è un terzo stato di esperienza religiosa che li riguarda tutti, sebbene solo raramente si trovi nella sua forma pura, e che chiameremo sentimento religioso cosmico. È molto difficile spiegare questo sentimento a chi ne sia totalmente privo, specialmente perché non c’è alcun concetto antropomorfico di Dio che vi corrisponde. L’individuo percepisce l’inutilità dei desideri e degli scopi umani e la sublimità e l’ordine meraviglioso che si manifestano in natura e nel mondo del pensiero. Considera l’esistenza individuale come una sorta di prigione e vuole indagare l’universo come un tutto unico pieno di significato. […]
Grandi spiriti religiosi di tutti i tempi si sono distinti per questo tipo di sentimento religioso che non conosce né dogmi né un Dio concepito a immagine dell’uomo; così non vi può essere una Chiesa i cui insegnamenti centrali vi siano basati. […]
Secondo me, la funzione più importante dell’arte e della scienza è proprio quella di risvegliare questo sentimento e tenerlo vivo in quelli che non sono in grado di sentirlo.
[…] L’uomo che è completamente convinto dell’azione universale della legge della causalità non può, nemmeno per un istante, soffermarsi sull’idea di un essere che interferisce nel corso degli eventi – cioè se prende l’ipotesi della causalità veramente sul serio. […]
Il comportamento etico di un uomo dovrebbe in realtà basarsi sulla solidarietà, l’educazione e i legami sociali; non è necessario alcun fondamento religioso. L’uomo si troverebbe in una ben triste situazione se dovesse venir trattenuto dalla paura di una punizione e dalla speranza di una ricompensa dopo la morte. […]
Non ho mai attribuito alla natura una intenzione o un fine o qualsiasi altra cosa che si potesse interpretare in senso antropomorfico. Quel che vedo nella natura è una struttura magnifica che possiamo capire solo molto imperfettamente, il che non può non riempire di umiltà qualsiasi persona razionale. Si tratta di un autentico sentimento religioso che non ha niente a che fare con il misticismo. […]
Nello scambio di commenti ad un mio articolo contro lo specismo è stato tirato in ballo Einstein e il suo giudizio sulla religione.
Considero Einstein non solo il più grande scienziato del 900 ma un filosofo ed un socialista di primaria grandezza da cui ognuno di noi quotidianamente dovrebbe cercare ispirazione. E’ un saggio, un sapiente illuminato uno dei massimi vertici della cultura occidentale.
Ascoltiamo dunque Einstein:
«Per quel che riguarda l’uomo primitivo è soprattutto la paura a evocare nozioni religiose. […]
Tuttavia c’è un terzo stato di esperienza religiosa che li riguarda tutti, sebbene solo raramente si trovi nella sua forma pura, e che chiameremo sentimento religioso cosmico. È molto difficile spiegare questo sentimento a chi ne sia totalmente privo, specialmente perché non c’è alcun concetto antropomorfico di Dio che vi corrisponde. L’individuo percepisce l’inutilità dei desideri e degli scopi umani e la sublimità e l’ordine meraviglioso che si manifestano in natura e nel mondo del pensiero. Considera l’esistenza individuale come una sorta di prigione e vuole indagare l’universo come un tutto unico pieno di significato. […]
Grandi spiriti religiosi di tutti i tempi si sono distinti per questo tipo di sentimento religioso che non conosce né dogmi né un Dio concepito a immagine dell’uomo; così non vi può essere una Chiesa i cui insegnamenti centrali vi siano basati. […]
Secondo me, la funzione più importante dell’arte e della scienza è proprio quella di risvegliare questo sentimento e tenerlo vivo in quelli che non sono in grado di sentirlo.
[…] L’uomo che è completamente convinto dell’azione universale della legge della causalità non può, nemmeno per un istante, soffermarsi sull’idea di un essere che interferisce nel corso degli eventi – cioè se prende l’ipotesi della causalità veramente sul serio. […]
Il comportamento etico di un uomo dovrebbe in realtà basarsi sulla solidarietà, l’educazione e i legami sociali; non è necessario alcun fondamento religioso. L’uomo si troverebbe in una ben triste situazione se dovesse venir trattenuto dalla paura di una punizione e dalla speranza di una ricompensa dopo la morte. […]
Non ho mai attribuito alla natura una intenzione o un fine o qualsiasi altra cosa che si potesse interpretare in senso antropomorfico. Quel che vedo nella natura è una struttura magnifica che possiamo capire solo molto imperfettamente, il che non può non riempire di umiltà qualsiasi persona razionale. Si tratta di un autentico sentimento religioso che non ha niente a che fare con il misticismo. […]
Dato che le nostre esperienze interiori consistono nel riprodurre e combinare le impressioni sensoriali, il concetto dell’anima senza il corpo mi pare del tutto senza significato. […]
Sono, ovviamente, menzogne quelle che Lei ha letto riguardo alla mia fede religiosa, menzogne che vengono sistematicamente ripetute. Non credo in un Dio personale, né ho mai negato questo fatto, anzi ho sempre espresso chiaramente il mio parere in proposito. Se c’è in me qualcosa che si possa definire sentimento religioso è proprio quella infinita ammirazione per la struttura del mondo rivelata dalle scoperte della scienza.
[…] Il sentimento religioso destato dalla comprensione logica dei principi di interrelazioni profonde è di un genere alquanto diverso da quello comunemente definito religioso. Si tratta più di un sentimento di timore reverenziale per l’ordinamento che si manifesta nell’universo materiale; non ci conduce a modellare un essere divino a nostra immagine, un personaggio che abbia delle esigenze nei nostri confronti, che si interessa a noi in quanto individui. Non vi è in ciò né volontà né scopo, né necessità, ma solo l’essere allo stato puro. […]
Le nostre prospettive scientifiche sono ormai agli antipodi. Tu ritieni che Dio giochi a dadi col mondo; io credo invece che tutto ubbidisca a una legge, in un mondo di realtà obiettive che cerco di cogliere per via furiosamente speculativa. Lo credo fermamente, ma spero che qualcuno scopra una strada più realistica —o meglio un fondamento più tangibile— di quanto non abbia saputo fare io. Nemmeno il grande successo iniziale della teoria dei quanti riesce a convincermi che alla base di tutto vi sia la casualità, anche se so bene che i colleghi più giovani considerano quest’atteggiamento come un effetto della sclerosi. Un giorno si saprà quale di questi due atteggiamenti istintivi sarà stato quello giusto. […]
La principale fonte dei conflitti odierni tra le sfere della religione e della scienza sta tutta in questa idea di un Dio personale. […]Più un uomo è consapevole dell’ordinata regolarità di tutti gli eventi, più si rinsalda nella convinzione che non c’è posto, accanto a questa ordinata regolarità, per cause di natura differente. Per lui non esisterà né regola dell’umano né regola del divino come causa indipendente dagli eventi naturali».
Appare evidente che la religiosità di Enstein era di tipo immanentistico, naturalistico e razionalistico, una visione cosmica bruniana che nel medio evo sarebbe stata tacciata di eresia e perseguitata con i roghi. Non ha nulla a che spartire con l’ammirazione col Dio personale e antropomorfo delle tre religioni monoteistiche ma si confonde quasi con una spiritualità orientale e buddista, che rifiuta l’idea di un Dio trascendente e architetto del reale.
Per Einstein la natura è organizzata secondo leggi razionali che non hanno altra causa indipendente dalla stessa natura, capace di auto-organizzarsi in modo complesso secondo un ordine cosmico-razionale, che desta lo stupore e la meraviglia dell’individuo. Essa è eterna e se eè eterna per sua stessa natura non può che escludere l’ipotesi di un Dio causa sua, architetto e costruttore del reale. La natura è causa sui.
So che è difficile accettare questa conclusione perché la mente umana ragiona sempre per causa ed effetto, progetto e finalità. Ma se ci fosse stato un architetto del mondo chi avrebbe a sua volta architettato l’architetto? E che bisogno avrebbe avuto di estraniarsi nel non-dio ed oggettivarsi nel mondo materiale? Forse non era auto-sufficiente, in pace ed armonia con il proprio essere infinito ed onnipotente?
Se c’è un Dio architetto che opera secondo una finalità ci deve essere per forza uno spazio-tempo precedente allo spazio-tempo cosmico. Ma se Dio è spazio-tempo allora è materia. Quindi tanto vale formulare l’equazione Dio=infinito=natura. Tesi, appunto, di Giordano Bruno e Spinoza. Ma, aggiungo come corollario, che nell’equazione, Dio si può tranquillamente togliere perché non è più una ipotesi necessaria. Lasciando solo infinito e natura.
Inoltre se Dio ama l’uomo fino a crearlo a sua immagine e somiglianza vuol dire che si sente essere incompiuto e manchevole. E se lo ama davvero perché lo consegna al caos degli eventi? E che senso avrebbe avuto isolare l’uomo in un angolo sperduto dell’universo circondandolo di infinita materia inorganica, inaccessibile, fredda, oscura e non cosciente? Non avrebbe potuto creare un mondo più piccolo e a dimensione umana? Sono tutte domande che hanno percorso la filosofia occidentale senza trovare mai risposte adeguate.
Allo stupore di Einstein io aggiungo un sentimento opposto di sospetto e di angoscia verso l’irriducibilità dell’ente cosmico alla razionalizzazione umana. Niente di strano, essere e nulla convivono nel reale e in ognuno di noi. L’universo è indifferente ai nostri destini e noi siamo solo un bagliore di luce nello spazio-tempo infinito.
Sono, ovviamente, menzogne quelle che Lei ha letto riguardo alla mia fede religiosa, menzogne che vengono sistematicamente ripetute. Non credo in un Dio personale, né ho mai negato questo fatto, anzi ho sempre espresso chiaramente il mio parere in proposito. Se c’è in me qualcosa che si possa definire sentimento religioso è proprio quella infinita ammirazione per la struttura del mondo rivelata dalle scoperte della scienza.
[…] Il sentimento religioso destato dalla comprensione logica dei principi di interrelazioni profonde è di un genere alquanto diverso da quello comunemente definito religioso. Si tratta più di un sentimento di timore reverenziale per l’ordinamento che si manifesta nell’universo materiale; non ci conduce a modellare un essere divino a nostra immagine, un personaggio che abbia delle esigenze nei nostri confronti, che si interessa a noi in quanto individui. Non vi è in ciò né volontà né scopo, né necessità, ma solo l’essere allo stato puro. […]
Le nostre prospettive scientifiche sono ormai agli antipodi. Tu ritieni che Dio giochi a dadi col mondo; io credo invece che tutto ubbidisca a una legge, in un mondo di realtà obiettive che cerco di cogliere per via furiosamente speculativa. Lo credo fermamente, ma spero che qualcuno scopra una strada più realistica —o meglio un fondamento più tangibile— di quanto non abbia saputo fare io. Nemmeno il grande successo iniziale della teoria dei quanti riesce a convincermi che alla base di tutto vi sia la casualità, anche se so bene che i colleghi più giovani considerano quest’atteggiamento come un effetto della sclerosi. Un giorno si saprà quale di questi due atteggiamenti istintivi sarà stato quello giusto. […]
La principale fonte dei conflitti odierni tra le sfere della religione e della scienza sta tutta in questa idea di un Dio personale. […]Più un uomo è consapevole dell’ordinata regolarità di tutti gli eventi, più si rinsalda nella convinzione che non c’è posto, accanto a questa ordinata regolarità, per cause di natura differente. Per lui non esisterà né regola dell’umano né regola del divino come causa indipendente dagli eventi naturali».
Appare evidente che la religiosità di Enstein era di tipo immanentistico, naturalistico e razionalistico, una visione cosmica bruniana che nel medio evo sarebbe stata tacciata di eresia e perseguitata con i roghi. Non ha nulla a che spartire con l’ammirazione col Dio personale e antropomorfo delle tre religioni monoteistiche ma si confonde quasi con una spiritualità orientale e buddista, che rifiuta l’idea di un Dio trascendente e architetto del reale.
Per Einstein la natura è organizzata secondo leggi razionali che non hanno altra causa indipendente dalla stessa natura, capace di auto-organizzarsi in modo complesso secondo un ordine cosmico-razionale, che desta lo stupore e la meraviglia dell’individuo. Essa è eterna e se eè eterna per sua stessa natura non può che escludere l’ipotesi di un Dio causa sua, architetto e costruttore del reale. La natura è causa sui.
So che è difficile accettare questa conclusione perché la mente umana ragiona sempre per causa ed effetto, progetto e finalità. Ma se ci fosse stato un architetto del mondo chi avrebbe a sua volta architettato l’architetto? E che bisogno avrebbe avuto di estraniarsi nel non-dio ed oggettivarsi nel mondo materiale? Forse non era auto-sufficiente, in pace ed armonia con il proprio essere infinito ed onnipotente?
Se c’è un Dio architetto che opera secondo una finalità ci deve essere per forza uno spazio-tempo precedente allo spazio-tempo cosmico. Ma se Dio è spazio-tempo allora è materia. Quindi tanto vale formulare l’equazione Dio=infinito=natura. Tesi, appunto, di Giordano Bruno e Spinoza. Ma, aggiungo come corollario, che nell’equazione, Dio si può tranquillamente togliere perché non è più una ipotesi necessaria. Lasciando solo infinito e natura.
Inoltre se Dio ama l’uomo fino a crearlo a sua immagine e somiglianza vuol dire che si sente essere incompiuto e manchevole. E se lo ama davvero perché lo consegna al caos degli eventi? E che senso avrebbe avuto isolare l’uomo in un angolo sperduto dell’universo circondandolo di infinita materia inorganica, inaccessibile, fredda, oscura e non cosciente? Non avrebbe potuto creare un mondo più piccolo e a dimensione umana? Sono tutte domande che hanno percorso la filosofia occidentale senza trovare mai risposte adeguate.
Allo stupore di Einstein io aggiungo un sentimento opposto di sospetto e di angoscia verso l’irriducibilità dell’ente cosmico alla razionalizzazione umana. Niente di strano, essere e nulla convivono nel reale e in ognuno di noi. L’universo è indifferente ai nostri destini e noi siamo solo un bagliore di luce nello spazio-tempo infinito.
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